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martedì 18 settembre 2012

I Leanson: mai fidarsi delle apparenze!


Il cielo era in una pozza d’acqua che il vento lambiva alla superficie, creando lievi increspature che luccicavano come diamanti alla luce del sole. Matt era rapito da quello spettacolo, chiedendosi perché non si fosse mai soffermato a guardare l’acqua che scorreva nelle fontane nei caldi giorni d’estate. In realtà, non si fermava mai a pensare troppo a lungo, quando era in città; ogni cosa richiedeva la sua attenzione e questioni futili occupavano gran parte del suo tempo, perciò non gliene restava molto a disposizione per sé. In quell’isola lontana dal mondo, invece, di tempo ne aveva tanto e completamente libero, dipendente esclusivamente da lui: aveva voglia di stare semplicemente seduto su una panchina all’ombra di un grande ulivo, ebbene l’avrebbe fatto.
Non vi era anima viva intorno alla piazza del villaggio, perciò si sedette comodamente e cominciò a far scorrere lo sguardo da destra a sinistra. Dipingere le case di bianco aiutava a proteggerle dal calore estivo e Matt apprezzò molto la singolarità di quelle abitazioni, che sembravano piccole conchiglie bianche in una distesa di vegetazione. L’insieme era molto panoramico, ma era la fontana ad attrarlo maggiormente: sebbene non fosse protetta dai raggi solari, poteva sentire la freschezza dell’acqua che zampillava al suo interno. Era un suono rilassante e il ragazzo, con un sospiro, cedette al desiderio di sdraiarsi e chiudere gli occhi. La quiete era assoluta, il silenzio così rilassante: erano anni che non sentiva quella pace, che non rimaneva ad ascoltare se stesso. Lasciò la mente libera di vagare tra i suoi ricordi, recenti e lontani, tra le sue preoccupazioni, piccole e grandi, tra i suoi timori e tra le cose che lo rendevano felice.
Aveva diciotto anni ed era maggiorenne. Un uomo, secondo la legge, ma lui non si sentiva molto diverso dal ragazzo che era stato prima di quel compleanno così importante. Non si cresceva semplicemente perché l’età aumentava di qualche anno e Matt lo sapeva bene. Non era ancora pronto ad affrontare l’ultimo anno di liceo e non era pronto ad affrontare la scelta finale, quella dell’università. Non era pronto a decidere della sua vita, non era pronto a scegliere cosa fare nel suo futuro. Futuro, per gli adulti sembrava così facile immaginarlo; usavano quella parola così spesso nei loro discorsi da aver perso di vista il suo reale significato. Per lui era qualcosa di inconcepibile e rideva, se pensava che la sua idea di futuro si fermava a qualche anno. No, ormai era finito il tempo di quelle scelta a breve termine; lo aspettava la scelta, quella che avrebbe davvero condizionato la sua vita. Ma come poteva farla, in base a semplici consigli? Come poteva semplicemente sfogliare qualche opuscolo e decidere perché lo attirava il colore di qualche scritta? I suoi genitori si aspettavano tanto da lui, i suoi insegnanti sapevano che avrebbe dovuto fare qualcosa di importante, ma lui cosa voleva? Possibile che nessuno glielo avesse mai chiesto? E lui, se l’era mai chiesto?
Sbuffando, si rialzò dalla panchina. L’acqua continuava a scorrere e Matt sentì l’improvviso desiderio di vedere il mare. Era da tanto che non ammirava da vicino le onde infrangersi sulla sabbia e l’idea di rinfrescarsi con la brezza marina non gli dispiaceva affatto, perciò si ritrovò ben presto a camminare nei vicoli del villaggio, in cerca della strada giusta. Non sapeva quanto tempo ci stava impiegando, ma ormai aveva esaurito la pazienza, quando incontrò il primo essere umano da quando aveva messo piede fuori casa.
Era seduta sulla soglia di quella che probabilmente era casa sua e aveva gli occhi chiusi. Lunghi capelli color cioccolato le ricadevano a boccoli sulla schiena e sembrava essere addormentata. Matt si avvicinò con cautela, nel timore di svegliarla, per osservarla più da vicino.
« Che vuoi? » chiese lei all’improvviso, senza neanche aprire gli occhi.
Il ragazzo indietreggiò d’istinto, cercando di riprendersi dallo spavento.
« Scusa, pensavo che… »
« Che vuoi? » ripeté con impazienza.
Matt si sentì quasi offeso dal tono della ragazza e fu sul punto di andarsene, quando si ricordò il motivo per cui si era fermato da lei.
« Sono nuovo qui, tu invece sei un’abitante dell’isola? Sai dirmi dove devo andare per raggiungere la spiaggia? »
Quasi sperò che potesse aiutarlo, ma perse ogni speranza quando lei scosse la testa.
« Abito qui, sì, ma non posso aiutarti. »
« Scusa, ti ho chiesto solo di indicarmi la via. Non è difficile. » esclamò, irritato.
La ragazza, spazientita quanto lui, scansò una ciocca dei capelli dal viso e sbuffò.
« Non posso aiutarti. »
« Va bene, grazie tante! » gridò, allontanandosi.
“ Che maleducazione ”, pensò Matt. In fondo, non le sarebbe costato proprio nulla dirgli la via per raggiungere la spiaggia. Cercando di reprimere l’irritazione, continuò a provare e riprovare quando finalmente scorse Nathalie e Martin, intenti a parlare.
Martin lo salutò con calore, ma sua sorella lo fissò arrabbiata, incolpandolo di aver distrutto uno dei momenti di intimità con quello che un tempo era stato il suo miglior amico.
« Ehi Matt, dove vai a quest’ora del pomeriggio? »
« Volevo andare in spiaggia. Voi? »
« Anche noi! Andiamo allora? » chiese Martin, entusiasta.
Nathalie avrebbe tanto voluto gridare a suo fratello di cercarsi altre persone con cui andare in giro, ma si mostrò lo stesso entusiasta e lodò la meravigliosa idea del ragazzo, lanciando un’occhiataccia a Matt.
« Sai se ci sono ragazzi della mia età sull’isola? » chiese quest’ultimo a Martin, intuendo i pensieri di sua sorella.
« Sì, se vuoi dopo te ne presento qualcuno. » acconsentì, facendo strada verso il mare.
« Ho incontrato una ragazza prima, ma non mi è sembrata molto amichevole. »
Molto amichevole era un modo gentile per non descriverla come una vera maleducata. Non l’aveva mai guardato in faccia mentre gli parlava e a Matt questo non era piaciuto affatto.
« Una ragazza hai detto? Capelli lunghi castani? » domandò Martin, pensieroso.
« Sì. Era seduta sulla porta della casa nella strada che abbiamo superato poco fa. »
All’improvviso, il ragazzo capì e la sua espressione si fece seria.
« Si chiama Lili. »
« Lili? Poco incline a dare indicazioni. Le ho chiesto come raggiungere la spiaggia, ma non mi ha aiutato. » esclamò Matt, che si sentì di nuovo irritato al solo ricordo dell’accaduto.
Martin gli sorrise debolmente.
« Lilibeth non poteva aiutarti davvero. È cieca. »

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