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sabato 6 ottobre 2012

I Leanson: nelle profondità del mare!


Si vedeva il mare dalla stanza di Nathalie e Josy. Un’immensa distesa cristallina, senza confini, dove gabbiani dalle ali bianche volteggiavano nel cielo sereno, lanciandosi in picchiata quando le loro piccole ignare prede salivano in superficie. Matt poteva sentirli garrire anche da lì, mentre esultavano e si godevano la libertà, lieti dell’estate e della sua quiete.
Quiete che lui, invece, non riusciva a provare. Un’immagine continuava ad affiorare nella sua mente, il viso di Lili e i suoi occhi chiusi. Ora capiva il perché di ogni suo atteggiamento e capiva quanto era stato superficiale e incosciente. Giudicarla era stato il suo peggior errore: non la conosceva, non sapeva nulla di lei. Ed ora che sapeva, avrebbe tanto voluto non aver chiesto nulla a Martin.
Era cieca. Per quanto si sforzasse, non riusciva a immaginare neanche lontanamente come potesse sentirsi e come lui, invece, avrebbe potuto liberarsi da quell’onnipresente senso di colpa. Forse perché ne aveva sentito parlare solo nei film, forse perché non aveva mai incontrato nessuno come lei, o forse perché far finta di non aver pensato male di lei ingiustamente era più comodo, qualunque strada mentale imboccasse lo faceva stare male. Doveva scusarsi? E di che cosa? In fondo avrebbe potuto anche spiegargli la situazione con gentilezza. In effetti, lui avrebbe anche potuto capirlo da solo. No, non era stata colpa sua. Non era stata neanche colpa di Lili, però. Cosa poteva fare? Anzi, doveva fare qualcosa?
Domande, domande e ancora domande, senza mai risposte certe. Appena ne dava una, altri dubbi chiedevano di essere chiariti e in poco tempo demolivano quel bagliore di certezza mentale che era apparso poco prima.
« Matt. »
La voce di suo padre era indecisa; eppure era un’ancora di salvezza così perfetta in quel mare di dubbi.
« Come ci si comporta di fronte a qualcosa che ti spaventa? »
Marshall si sedette vicino a lui e si soffermò a guardare fuori dalla finestra, prima di sorridergli con tranquillità.
« Perché ti spaventa questo qualcosa, innanzitutto? »
« Mi spaventa e basta. » affermò istintivamente, senza pensarci.
Che bisogno c’era di trovare una motivazione? Per un attimo si pentì di aver iniziato quella conversazione. Parlare delle proprie sensazioni a qualcuno era difficile, spiegare il motivo per cui si provavano lo era ancora di più: suo padre non condivideva il suo punto di vista, non sapeva che cosa lo tormentasse così tanto e perciò non poteva capire. Peccato che fosse giunto a questa conclusione troppo tardi.
« A volte la paura è qualcosa di irrazionale. Se solo cercassimo di comprendere il perché, forse non avremmo lo stesso atteggiamento nei suoi confronti. »
Marshall era fatto così: grandi riflessioni per qualcosa di importante. Però Matt non aveva bisogno di parole. Anzi, non sapeva neanche lui di cosa aveva bisogno.
Ringraziò comunque suo padre, ma sperò che lo lasciasse solo al più presto.
« Ti è successo qualcosa? » domandò preoccupato, cercando di incontrare lo sguardo di suo figlio.
« Niente. » mentì lui, sporgendosi dalla finestra il modo da evitarlo.
« Non vuoi parlarmene? »
Scosse la testa impercettibilmente, ma Marshall capì lo stesso. Gli diede una pacca sulla spalla e uscì dalla stanza.
« Fai un giro in spiaggia, ti farà bene. » gridò, quando ormai stava già scendendo le scale.
Forse non era una cattiva idea, pensò Matt. Ormai conosceva a memoria la strada per la piccola spiaggia e aveva proprio voglia di fare il bagno in quelle acque magnifiche. L’avrebbero aiutato a non pensare, e lui ne aveva un disperato bisogno. Scese anche lui al piano di sotto e prese il costume dalla borsa. Josy e Nathalie stavano giocando con Dan, mentre sua madre sistemava le ultime cose nella dispensa. Nessuno si accorse di lui quando sgattaiolò fuori e sperò che nessuno lo seguisse. Raggiungere la spiaggia fu facilissimo: la sabbia era bianchissima, l’acqua così pulita da sembrare un leggero manto trasparente che ricopriva il fondo. Si tolse la maglietta e cominciò ad avvicinarsi a quell’immensità cristallina. Rabbrividì, quando raggiunse la riva. L’acqua era freschissima e così invitante; procedette lentamente, per godersi a pieno quella meravigliosa sensazione, e non si fermò fino a quando non sentì più la sabbia sotto si sé. Nuotare lo faceva sentire così libero, quasi come una creatura stessa dell’oceano, e non gli dispiaceva affatto lasciarsi guidare dall’istinto e dalle sue emozioni. Avere un cervello capace di pensare a volte era un fardello così pesante da portare e dimenticarsi per un po’ di quella responsabilità non era per niente male.
Si abbandonò completamente al dolcissimo movimento delle onde e non resistette alla tentazione di immergersi completamente. Sott’acqua, il mondo era completamente diverso: ogni suono, ogni rumore, ogni più impercettibile movimento era trasformato in una lenta melodia, in qualcosa che giungeva a lui così attutito, così tenue; risalì solo quando sentì di non riuscire a trattenersi oltre.
Respirò a fondo, mentre tornava a riva. Era stato fantastico, ma era così stanco che si lasciò cadere sulla spiaggia, non appena raggiunse la terraferma.
Solo quando si fu calmato, si accorse di non essere solo. Era lì accanto a lui, da chissà quanto tempo, e non l’aveva notata. Guardava l’orizzonte, ma immaginò che per lei fosse solo oscurità.
Un’orrenda sensazione lo invase e per un attimo desiderò fuggire lontano, scappare da lei che lo spaventava così tanto, rifugiarsi di nuovo nel nulla delle acque e non dover mai più trovarsi accanto a lei. Quasi sperò che non si fosse accorta di lui, ma fu con naturalezza che lei si voltò nella sua direzione.
« Alla fine l’hai trovata, la strada. »
Sentire quella voce lo lasciò senza parole. Perché gli faceva quell’effetto?
« Sì… » mormorò, incapace di guardarla.
« Te l’hanno detto. »
Non era una domanda. Matt si chiese come avesse fatto a capirlo, ma forse non gli interessava neanche. Forse ciò che gli interessava davvero era trovare il modo per scusarsi con lei.
« Non mi hai parlato così l’ultima volta. » esclamò Lili, sedendosi accanto a lui.
Confuso e meravigliato, Matt si allontanò istintivamente, senza capire il perché del suo stesso irrazionale gesto.
« Non devi avere paura di me. » disse lei con tranquillità, porgendogli la maglietta che aveva tolto prima di entrare in acqua.
« Sei davvero…? Cioè … » balbettò Matt, nel tentativo di dirle qualcosa.
Lili ridacchiò e annuì, mentre lui la fissava sconvolto.
« Ma come fai a … ? Sei arrivata fino a qui. »
« Gli occhi non sono l’unico modo per vedere, sai? » affermò con tranquillità, sorridendogli. « Scusami se sono stata un po’ scontrosa con te. »
« Dispiace anche a me, per come ti ho trattata. » riuscì finalmente a dire il ragazzo, stringendole la mano.
Quel contatto fece battere forte il suo cuore: non sapeva perché, ma sentiva di aver fatto qualcosa di speciale. Era come se la parte razionale e quella irrazionale di lui si fosse conciliate in quel gesto, come se avesse finalmente accettato la sua paura e avesse imparato da lei. Forse suo padre aveva ragione. Ora capiva da dove era nato tutto quel timore: dalla non conoscenza. Conoscere Lili era ciò che doveva fare, per superare quel suo blocco.
« Vieni spesso qui? »
« Sì. Mi piace il mare. »
Affondò le mani nella sabbia e ne prese un pugno, poi lasciò che il vento la spingesse lontano. Matt la guardava estasiato, incapace di capire perché l’attirasse così tanto, e Lili sembrava essersi accorta della sua incertezza.
« Posso stare qui con te? »
La richiesta di Lili arrivò così inaspettata per Matt. Sapeva che avrebbe dovuto lasciar stare, che avrebbe potuto alzarsi e andarsene, dirle che non aveva nessuna intenzione di stare con lei, ma non poté fare a meno di dirle di sì.
Doveva conoscerla. Anzi, lo desiderava davvero, al contrario di quanto continuava a ripetersi. Desiderava conoscere il suo modo di vivere, le sue passioni, le cose che le piacevano. Un desiderio inspiegabile, ma che aveva tutta l’intenzione di assecondare.

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