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sabato 27 ottobre 2012
giovedì 25 ottobre 2012
Supplenze, scioperi, feste.. SI SI SI!
Ormai è trascorso più di un mese dall'inizio della scuola e tutti noi non vediamo l'ora che passino anche gli altri sette/otto, ma è sfortunatamente troppo presto per iniziare a pensare alle vacanze. Questo è il periodo del tener duro, dello studio continuo e disperato, il periodo in cui ci viene chiesto uno sforzo maggiore, in cui il riposo non è concesso. Già, perchè poi si sa che tra Natale, Pasqua, Carnevale e feste varie il secondo quadrimestre passa in fretta; è il primo che deve preoccuparci. Tuttavia, un modo per concederci una breve pausa noi studendi lo abbiamo trovato: lo sciopero! Chiunque di noi almeno una volta si è concesso uno strappo alla regola, perfino i secchioni reprimono il loro malessere e si uniscono ai più. Che sia per la scuola, per il lavoro, per il futuro, per il gesso che manca, per la palestra che crolla, ogni motivo è valido per protestare! Naturalmente alcuni scioperi sono davvero interessanti perchè fatti con motivazioni davvero valide: pensiamo a quelli che ci riguardano da vicino, come i tagli all'istruzione o all'università, e non possiamo che non far sentire la nostra voce quando è della nostra vita che si decide.
Comunque sia, lo sciopero è manna dal cielo per gli studenti. E i professori invece?
Quanti di voi hanno almeno un prof che detiene il record delle presenze in classe? E quanti di voi, invece, ne hanno almeno un paio che combattono per aggiudicarsi il premio di prof assenteista dell'anno? Naturalmente avranno le loro buone ragioni per assentarsi, ma non possiamo non dire che per noi è la notizia più bella che ci possa mai venir data.
Che emozione quando il bidello entra con il foglio che accerta l'uscita anticipata o l'entrata posticipata! E ancora più emozionante è scoprire che l'insegnante che manca ha diverse ore nella nostra classe proprio quel giorno! Ciò vuol dire una sola cosa: SUPPLENZA! Il momento in cui speriamo di poterci riposare, poter ripete qualcos'altro, chiacchierare e rilassarci... è il momento in cui speriamo di veder arrivare in classe qualche prof che è disponibile, magari proprio quella prof che adoriamo tanto...
Insomma, che siano supplenze, scioperi o feste, l'importante è sempre ringraziare il cielo per la loro esistenza! :D Se non ci fossero, chissà se arriveremmo vivi alle vacanze natalizie! Perciò, non possiamo non augurarci BUONE SUPPLENZE E BUONI SCIOPERI!

Quanti di voi hanno almeno un prof che detiene il record delle presenze in classe? E quanti di voi, invece, ne hanno almeno un paio che combattono per aggiudicarsi il premio di prof assenteista dell'anno? Naturalmente avranno le loro buone ragioni per assentarsi, ma non possiamo non dire che per noi è la notizia più bella che ci possa mai venir data.
Che emozione quando il bidello entra con il foglio che accerta l'uscita anticipata o l'entrata posticipata! E ancora più emozionante è scoprire che l'insegnante che manca ha diverse ore nella nostra classe proprio quel giorno! Ciò vuol dire una sola cosa: SUPPLENZA! Il momento in cui speriamo di poterci riposare, poter ripete qualcos'altro, chiacchierare e rilassarci... è il momento in cui speriamo di veder arrivare in classe qualche prof che è disponibile, magari proprio quella prof che adoriamo tanto...
Insomma, che siano supplenze, scioperi o feste, l'importante è sempre ringraziare il cielo per la loro esistenza! :D Se non ci fossero, chissà se arriveremmo vivi alle vacanze natalizie! Perciò, non possiamo non augurarci BUONE SUPPLENZE E BUONI SCIOPERI!
Musica... e ancora musica
Splendida melodia del genio di Yiruma, River flows in you.
Non è difficile immaginare il perchè del binomio musica-emozione...
Non è difficile immaginare il perchè del binomio musica-emozione...
mercoledì 24 ottobre 2012
PER SEMPRE GIOVANI:esperienze? sì grazie!
Allora...vediamo un pò, dove eravamo rimasti? ah sì, ecco... come avrete potuto capire il mio nome è Giulia ho sedici anni e frequento il terzo anno del liceo scientifico. Capelli biondi, occhi scuri...na, non mi perderò in queste sciocchezze, ho cose più importanti da raccontare. Vi ho già accennato riguardo la mole di amici "tutti strani" che ho, ma quella era solo una piccola parentesi, ho tanti episodi da raccontarvi e "tipi" da descrivervi. Forse, a questa età, noi ragazzi siamo un pò "schizzati", questo fa sì che ognuno di noi risulti "strano, particolare" alla massa. Ne ho conosciuta di gente bizarra...di tutte le specie. Ad esempio, durante le mie vacanze estive, ho avuto la possibilità di partecipare ad una "vacanza-studio" (che di studio ha ben poco) che mi ha permesso di soggiornare, insieme ad altri duecentocinquanta ragazzi di tutta Italia, quindici giorni in Inghilterra. Inizialmente convivere con quella gente è davvero difficile! Ti accorgi che su 250 persone, ragazzi della tua stessa età, neanche uno è simile a te. I primi giorni che ero lì, fui un pò perplessa: possibile che pur venendo dalla stessa nazione, pur essendo accomunati da una cultura, una lingua, modi di vita, sembra che viviamo chi in Alaska e chi nel Sahara?! Ora, tralasciando le nostre megagalattiche conoscenze della geografia, credo che se vi racconto di quella gente che proveniva dalla stessa regione e non lo sapeva, voi vi deprimiate e smettiate di leggere, così, facendo finta di non saperlo, passerei alla questione non c'è un bel niente di culturale e/o strorico ad accomunare tutte le nostre splendide regioni italiane. Sembrà strano, o forse no, ma da nord a sud sembra ci sia un oceano a dividerci. Certo, ci tengo a specificare che questo non vuol dire che l' Italia va divisa! Ci sono stati uomini che hanno lottato e perso la vita per unirla, e certo non aspettandosi di perdere anche questa memoria. Quello che volevo sottolineare era che l'Italia è meravigliosa così, nella sua diversità, nella condivisione di regole e leggi pur avendo culture diverse. E poi l'Italia è così, chi pretenderebbe di separare il mare.
Vi dicevo della gente che ho incontrato in questo viaggio, gente strana: persone con i capelli color arcobaleno, gente con seri problemi mentali, chi di schizzofrenia acuta, insonnia e tanto altro. Insonnia, eh... non ho visto l'ombra del letto per la bellezza di due settimane! Ci riunivamo in 15/20 in una stanza di 2m per 2! Roba da svenire. Eravamo vogliosi di condividere la notte tutti insieme e farci compagnia a vicenda invece di stare solitari, avevamo persino una grande voglia di dormire ma, sai quando 5 persone condividono un misero letto ad una sola piazza, c'è ben poco da dormire.Io condividevo il mio letto con altre 5 ragazze, e praticamente si può dire che il 90% del mio corpo era sospeso nel vuoto, l'altro 10% era sotteso e incastrato dalla gamba dell'altra che ancora mi teneva ancorata al letto per modo di dire. Con il capo praticamente appeso al bordo del letto, il sangue che mi arrivava al cervello donandomi quella sensazione da "sono completamente fatta", cercavo di chiudere gli occhi concentrandomi sulla fatidico binomio 6:00 del mattino- lezione. Quasi riuscivo ad addormentarmi quando risate tremende mi rimbombano nell'orecchio, apro gli occhi e per un quarto d'ora giuro, ho davvero creduto di essere diventata cieca in quanto un flesh potentissimo, di quelli che ti fanno un lavoro di completo acciecamento per un bel quarto d'ora, che neanche i migliori acidi riescono, ecco, uno di quei flesh, mi riempie la vista non appena schiudo le palpebre nel buio più completo. Potete immaginare il resto; il sangue al cervello c'era tutto, ero ormai diventata cieca ed il pensiero che il mattino che si apprestava a nascere dovevo andare a lezione rendevano schizzata.Recuperata la vista, vado per muovermi, per spiegare alle mie compagne, che dall'altro capo del letto mi ridevano in faccia, che non ero affatto felice del simpatico scherzo che mi avevano fatto, quando mi ritrovo non semplicemente giù, ma sotto il mio letto, che di mio era rimasto solo il cartellino. Umiliata, piena di polvere mi rialzo e cosa faccio?... scoppio a ridere anche io! Non mi restava che ridere, oramai, le mie speranze di riuscire a dormire almeno un'ora erano vane. Così per tutti i 15 giorni. Risultato? puntualmente il mattino eravamo peggio dei cani rabbiosi, suscettibili, nervosi e ovviamente stanchi. Non mi era mai capitato di addormentarmi durante la lezione, così per evitare di essere cacciata dall'insegnante bevevo chili e chili di caffè, che poi chiamarlo caffè è un grave insulto a quella bevanda color marroncino, che qui in Italia siamo soliti bere. Era acqua immischiata ed una strana polvere: una porcheria unica, per un'amante del caffè come me.
Certo, l'insegnante non aiutava, il suo parlare esclusivamente in inglese faceva sì che io restassi al di fuori dei discorsi, figuratevi, non riuscivo a parlare e comprendere in italiano! Eh...che fantastica esperienza. Posso assicurarvi che mi sono affezzionata molto a quella gente "bizarra". Adesso, solo adesso, che mi rendo conto di non poter più condividere con loro le mie giornate, rientro nell'ottica che era fondamentale conoscerli tutti. Nella loro diversità erano importanti. Sapete cosa ho imparato da questa esperienza? che ogni ESPERIENZA, anche la più spiacevole in realtà si verifica un prezioso aiuto alla vita.Per quanto non lo saremo mai, più arricchiamo il nostro bagaglio più saremo completi. Più gente abbiamo la possibilità di conoscere, più il mondo ci sembrerà piccolo nella sua vastità!
Vi dicevo della gente che ho incontrato in questo viaggio, gente strana: persone con i capelli color arcobaleno, gente con seri problemi mentali, chi di schizzofrenia acuta, insonnia e tanto altro. Insonnia, eh... non ho visto l'ombra del letto per la bellezza di due settimane! Ci riunivamo in 15/20 in una stanza di 2m per 2! Roba da svenire. Eravamo vogliosi di condividere la notte tutti insieme e farci compagnia a vicenda invece di stare solitari, avevamo persino una grande voglia di dormire ma, sai quando 5 persone condividono un misero letto ad una sola piazza, c'è ben poco da dormire.Io condividevo il mio letto con altre 5 ragazze, e praticamente si può dire che il 90% del mio corpo era sospeso nel vuoto, l'altro 10% era sotteso e incastrato dalla gamba dell'altra che ancora mi teneva ancorata al letto per modo di dire. Con il capo praticamente appeso al bordo del letto, il sangue che mi arrivava al cervello donandomi quella sensazione da "sono completamente fatta", cercavo di chiudere gli occhi concentrandomi sulla fatidico binomio 6:00 del mattino- lezione. Quasi riuscivo ad addormentarmi quando risate tremende mi rimbombano nell'orecchio, apro gli occhi e per un quarto d'ora giuro, ho davvero creduto di essere diventata cieca in quanto un flesh potentissimo, di quelli che ti fanno un lavoro di completo acciecamento per un bel quarto d'ora, che neanche i migliori acidi riescono, ecco, uno di quei flesh, mi riempie la vista non appena schiudo le palpebre nel buio più completo. Potete immaginare il resto; il sangue al cervello c'era tutto, ero ormai diventata cieca ed il pensiero che il mattino che si apprestava a nascere dovevo andare a lezione rendevano schizzata.Recuperata la vista, vado per muovermi, per spiegare alle mie compagne, che dall'altro capo del letto mi ridevano in faccia, che non ero affatto felice del simpatico scherzo che mi avevano fatto, quando mi ritrovo non semplicemente giù, ma sotto il mio letto, che di mio era rimasto solo il cartellino. Umiliata, piena di polvere mi rialzo e cosa faccio?... scoppio a ridere anche io! Non mi restava che ridere, oramai, le mie speranze di riuscire a dormire almeno un'ora erano vane. Così per tutti i 15 giorni. Risultato? puntualmente il mattino eravamo peggio dei cani rabbiosi, suscettibili, nervosi e ovviamente stanchi. Non mi era mai capitato di addormentarmi durante la lezione, così per evitare di essere cacciata dall'insegnante bevevo chili e chili di caffè, che poi chiamarlo caffè è un grave insulto a quella bevanda color marroncino, che qui in Italia siamo soliti bere. Era acqua immischiata ed una strana polvere: una porcheria unica, per un'amante del caffè come me.
Certo, l'insegnante non aiutava, il suo parlare esclusivamente in inglese faceva sì che io restassi al di fuori dei discorsi, figuratevi, non riuscivo a parlare e comprendere in italiano! Eh...che fantastica esperienza. Posso assicurarvi che mi sono affezzionata molto a quella gente "bizarra". Adesso, solo adesso, che mi rendo conto di non poter più condividere con loro le mie giornate, rientro nell'ottica che era fondamentale conoscerli tutti. Nella loro diversità erano importanti. Sapete cosa ho imparato da questa esperienza? che ogni ESPERIENZA, anche la più spiacevole in realtà si verifica un prezioso aiuto alla vita.Per quanto non lo saremo mai, più arricchiamo il nostro bagaglio più saremo completi. Più gente abbiamo la possibilità di conoscere, più il mondo ci sembrerà piccolo nella sua vastità!
domenica 21 ottobre 2012
I Leanson: nuovi amici!
La distesa d’acqua si
estendeva a perdita d’occhio. Non un’onda, non una nuvola in cielo. La pace più
assoluta. Nathalie guardava con sospetto a quel magnifico paesaggio: non sapeva
perché, ma tanta tranquillità, invece di farle piacere, la turbava in modo del
tutto irrazionale. Si guardava continuamente intorno, come se qualcosa stesse
per accadere; quell’aspettativa le toglieva il respiro, le faceva battere forte
il cuore, la spaventava così tanto. E poi, quel qualcosa arrivò.
Il cielo si fece carico
di nubi scure, il mare cominciò ad agitarsi. Un vento impetuoso la spingeva
indietro, mentre alte onde si avvicinavano alla spiaggia, lì dove lei era
inerte spettatrice del caos degli elementi. Voleva fuggire, scappare lontano,
cancellare dalla mente anche solo il ricordo di quello spettacolo così
spaventoso, ma non ci riusciva. Sentiva migliaia di fili invisibili che la
trattenevano lì contro la sua volontà e ogni suo sforzo era inutile, anzi
sembrava aumentare la forza che le impediva di allontanarsi. Il pericolo si
faceva sempre più vicino, la tempesta stava arrivando e Nathalie non poteva far
altro che urlare nel tentativo di mettere fine a quell’incubo…
Si svegliò madida di sudore,
sconvolta e senza fiato. Si guardò intorno, cercando di capire cosa le fosse
accaduto. Era distesa sul suo letto e di fronte a lei Josy, sua sorella,
dormiva tranquillamente. Niente nella stanza sembrava essere fuori posto, o
meglio tutto era normalmente fuori
posto: sapeva che sua madre avrebbe avuto un colpo quando, entrando in quel
disordine totale, le avrebbe viste a letto invece che impegnate nelle pulizie;
ma in quel momento essere circondata dalla normalità le fece bene. Si alzò e,
evitando gli ostacoli disseminati per la via, raggiunse la finestra: fuori il
cielo preannunciava una meravigliosa nuova giornata, del tutto simile a quella
precedente e all’altra prima ancora. Su quell’isola, il brutto tempo sembrava
non esistere. “ Tanto meglio. ” pensò Nathalie, che di rivivere il suo incubo
proprio non ne aveva voglia.
Un leggero venticello le
scompigliò i capelli, mentre cercava di non pensare più a quell’orrenda
sensazione che aveva dentro. Ecco cosa avrebbe fatto, quel giorno: convinto Martin
ad accompagnarla al capo nord dell’isola, dove i venti erano sempre più
impetuosi e dove le sarebbe piaciuto passeggiare sugli scogli. Sperò che anche
lui trovasse soddisfacente l’idea e che soprattutto sarebbero stati solo lui e lei, senza quei suoi strani
amici. Strani, in effetti, era un modo diverso per esprimere un complicato
concetto: li trovava simpatici in alcuni momenti, terribilmente antipatici in
altri; le dispiaceva essere continuamente tormentata dalle loro domande, ma non
le faceva neanche piacere essere lasciata in disparte. Un insieme di sensazioni
ed emozioni contrastanti che Nathalie associò alla scarsità del tempo trascorso
insieme: magari, dopo qualche altro giorno, si sarebbe inserita meglio anche
lei. Bran, Serena, Lori, Gabriel, Marco, Alex, Francesco, Lucy: faticava
persino a ricordare i loro nomi. Martin glieli aveva presentati uno ad uno.
« Lei è Lori. In realtà
si chiama Loretta, ma non ne è molto entusiasta. » le aveva spiegato, mentre lei le stringeva la
mano.
Lori era stata molto
gentile con lei: era una ragazzina solare e vivace, con i capelli più scuri che
Nathalie avesse mai visto, e grandi occhi neri. Martin le aveva sussurrato che
poteva chiamarla Loretta tutte le volte che voleva farla arrabbiare e le aveva
assicurato che sarebbe stato un vero spettacolo.
« Francesco e Marco… » aveva poi continuato, presentandole i due
ragazzi.
Nathalie li aveva
salutati con un sorriso, cercando di nascondere l’imbarazzo, poi fortunatamente
Martin aveva proseguito quel rituale di cui avrebbe volentieri fatto a meno.
« Lei è Lucy, poi c’è
Bran, il suo fratellino , » aveva
aggiunto, indicandogli un ragazzino dai capelli biondissimi. «
Gabriel, Serena, e infine… »
« Alex! » aveva esclamato la ragazza vicino a lei,
abbracciandola con entusiasmo. « So
già che diventeremo grandi amiche! »
Nathalie lo sperava
davvero, con tutta se stessa. Sembrava l’unica della famiglia a non essersi
ancora abituata alla vita sull’isola: sua madre aveva fatto conoscenza con
tutte le casalinghe del paesino, suo padre e il padre di Martin erano
inseparabili, Josy e Dan erano così entusiasti della natura e di quel mondo,
perfino Matt sembrava essere impegnato in qualcosa che lo rendeva felice. Lei
invece? Cosa aveva fatto? Niente, se non prendersi una cotta per quello che un
tempo era stato il suo migliore amico d’infanzia. Lei e Martin erano stati
sempre insieme, avevano sempre condiviso tutto, ogni segreto, ogni idea, ogni
gioco. Poi, erano cresciuti; e crescendo, quel legame magico che li univa si
era spezzato. A Nathalie mancava quel mondo tutto loro e si sforzava di
sorridere ogni qualvolta lui ricordasse i tempi passati, definendoli i tempi in cui erano solo due sciocchi
ragazzini. Come avrebbe potuto dirgli che per lei quei tempi erano stati
importanti? E come poteva dirgli che lui era importante per lei? Rivederlo era
stato stupendo e solo ora riusciva a capire che non era stato semplicemente il
ricordo del loro passato a farle battere il cuore, ma la sua presenza.
Stringergli la mano, ridere insieme a lui, passeggiare fianco a fianco sulla
spiaggia al tramonto… Come aveva fatto ad innamorarsi di Martin?
Scosse la testa e si
impose di non pensarci. Sarebbe scesa a fare colazione, tanto di dormire non ne
aveva più nessuna voglia.
Attenta a non svegliare
nessuno, scese le scale e andò in cucina. L’aria della mattinata era sempre
dominata da quella splendida sensazione della natura che si risveglia e
Nathalie la inspirò a fondo, mentre attraversava il salotto. Era così presa
dalla contemplazione del creato che non si accorse che il divano era vuoto.
« Già in piedi? » le chiese Matt, intento a mescolare la sua tazza
di caffè.
Nathalie annuì, mentre
apriva la dispensa alla ricerca dei cereali.
« Anche tu non riesci a
dormire? » gli domandò, afferrando
una tazza e una bottiglia di latte.
« Esco presto stamattina.
»
« E dove vai? » domandò con sincera curiosità, sedendosi di
fronte a lui.
Matt sorrise, ma non le
rispose. Adorava far morire di curiosità sua sorella ed sapeva che Nathalie non
avrebbe resistito a lungo prima di supplicarlo per avere la risposta alla sua
domanda.
« Dove vai? Dimmelo! » esclamò poco dopo, lanciandogli un’occhiataccia.
« Porto Lili a fare un
giro in spiaggia. »
L’espressione della
ragazza cambiò rapidamente.
« Guarda che non sei
costretto a stare con lei solo perché è … »
« Voglio farlo. » la interruppe Matt.
Nathalie non lo capiva
proprio, a volte. Aveva trascorso quasi tutti i pomeriggi con quella ragazza e
aveva rifiutato di unirsi alla loro compagnia; certo non le dispiaceva affatto,
ma che cosa lo tenesse legato a lei proprio non lo sapeva.
« Tu dove vai oggi? »
« Non lo so. Penso che
cercherò Lori, Alex e Lucy. » mentì,
cercando di esprimere sincero entusiasmo.
« Sono contento che le
altre ragazze ti piacciano. »
Nathalie annuì e tacque.
Terminò in silenzio la sua colazione, poi si alzò.
« Allora buona
passeggiata in spiaggia, Matt. »
« Buona uscita con le tue
nuove amiche, Nathalie. » le augurò
lui di rimando.
La ragazza accolse con
piacere l’augurio, ma sperò comunque che quella buona uscita l’avrebbe avuta
solo e soltanto con Martin.
sabato 20 ottobre 2012
Colosso della musica degli anni '60. E' proprio vero che alcune canzoni non moriranno mai, resterà sempre la loro melodia nell'aria. Questa canzone ne è l'esempio! Un omaggio ai grandi Beatles...Buonanotte!
Quando cerco me stesso in periodi difficili
Madre Mary viene da me
Dicendo parole di saggezza: lascia che sia
E nella mia ora buia è
Proprio di fronte a me,
Pronunciando parole di saggezza: lascia che sia
Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Sussurrando parole di saggezza: lascia che sia.
E quando tutte le persone dal cuore infranto
Che vivono sulla terra si trovano d'accordo
Ci sarà una risposta: lascia che sia
Perché anche se sono isolate
Vedranno che per loro c'è ancora un'opportunità
Ci sarà una risposta: lascia che sia
Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Ci sarà una risposta: lascia che sia
E quando la notte è cupa c'è
Ancora una luce che risplende su di me
Splenderà fino a domani: lascia che sia
Mi sveglio al suono della musica
Madre Mary viene da me
Pronunciando parole di saggezza: lascia che sia
Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Ci sarà una risposta: lascia che sia
Lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia, lascia che sia
Sussurrando parole di saggezza: lascia che sia.
Ed eccoci di nuovo qui, finalmente. Dopo un lungo periodo di pausa siamo tornate. Abbiamo tante nuove idee da realizzare e tante storie da raccontarvi, speriamo solo che il tempo ci renda tutto più facile. Abbiamo pensato di introdurre qualcosa di nuovo alle nostre solite tematiche, qualcosa che riguarda più da vicino noi ragazzi. Con l'augurio di un buon week-end, vi lasciamo con questa nuova serie.
PER SEMPRE GIOVANI: E' soltanto l'inizio.
Si dice che per crescere bisogna lasciar dormire il bambino che siamo stati, fermarsi completamente e vincere la paura di essere o non essere. Si dice che a distinguere il bambino dall'uomo sia la capacità del primo di addormentarsi nelle illusioni, perdendo così la cognizione del tempo e della realta, e la capacità dell'altro a non riuscire a soddisfare mai i propri voleri, le proprie embizioni: nulla è mai abbastanza. Si dice che il bambino e l'uomo non possano vivere nella stessa persona, che si respingano tra di loro, ma che non possano fare a meno l'uno dell'altro.
Crescere, crescere, crescere... che fatica! Ho solamente 16 anni ma in me esistono già due persone: la Giulia grande che deve maturare, iniziare a preoccuparsi per il suo futuro, studiare e lasciar perdere le distrazioni; la Giulia piccola che non è abbastanza per poter scegliere, per decidere cosa le piace o non le piace fare.Certo, perchè tutto è relativo. Perchè ogni cosa deve essere guardata da tutti i punti di vista, bisogna tener sempre conto dell'altra faccia della medaglia. Questo ciò che affermano i miei quando vogliono che io faccia qualcosa che non mi va di fare. Sono loro a scegliere cosa sia meglio per me. Un esempio? Studiare vs Scrivere. Quando passi un'intera giornata sui libri a studiare quelle tanto odiate materie, arrivi a fine serata, ti munisci di un foglio e di una penna e inizi a scaricare tutto il tuo stress. Credo che non ci sia niente di male in questo ma... tutto è relativo. come infatti affermano i miei, quel tempo che io spreco a scrivere, potrei benissimo investirlo nello studio matto e disperato, potrei continuare fino allo stremo, fino a quando non inizio effettivamente a dare i numeri, a dare segno di totale psicosi. Solamente quando, ponendomi la domanda come ti chiami, io risponda Roberto D'Altavilla, strizzando gli occhi, rossi e gonfi, come una vera e propria persona uscita fuori di senno. Ma per fortuna i miei genitori, che hanno una tale immaginazione da pensarmi in una situazione triste come quella che vi ho appena descritto, li ascolto quasi mai. Così passo il mio tempo a buttare giù quattro righe, una sensazione che mi fa sentire benissimo, altro che fuori di testa! Già, scrivere riesce ad emozionarmi, a rilassarmi; contemporaneamente riesco a svuotare e riempire: svuotare la mia anima colma di emozioni e riempire il bianco del foglio, che non chiede altro che essere raccontato.
Ora, tralasciando l'argomento genitori, vi parlarei un pò dei miei amici; ne ho di tutti i tipi: da quelli fissati per lo studio che ti rimpiazzerebbero con piacere con una professoressa di fisica a tempo pieno, a quelli totalmente privi di ogni conoscenza in ambito culturale, ancora, quelli intelligenti ed astuti che riescono a prendere tutti otto e nove senza mai aver visto l'ombra di un libro, e quelli che pur studiando ed andando a ripetizione non vedono mai l'ombra di un sei, quelli estroversi ed esplosivi e quelli introversi e tanto sensibili. Un arcobaleno di amici. Amici di tutti i colori, quelli più chiari e quelli più vivaci; il bello è che ho bisogno di tutti, tutti sono indispensabili e complementari.
Per adesso ciò che posso impegnarmi a raccontarvi è il mio breve viaggio, iniziato 16 anni fa, detto così sembrerebbe che di breve non ha proprio niente, ma posso assicurarvi che comparato al viaggio di altri, all'esperienza di altra gente, il mio è solo un breve respiro. D'altra parte questo è soltanto l'inizio di una storia che condivideremo insieme, che tratta a sua volta dell'inizio di un viaggio ancora lungo e tortuoso... non preoccupatevi, è soltanto l'inizio...
PER SEMPRE GIOVANI: E' soltanto l'inizio.
Si dice che per crescere bisogna lasciar dormire il bambino che siamo stati, fermarsi completamente e vincere la paura di essere o non essere. Si dice che a distinguere il bambino dall'uomo sia la capacità del primo di addormentarsi nelle illusioni, perdendo così la cognizione del tempo e della realta, e la capacità dell'altro a non riuscire a soddisfare mai i propri voleri, le proprie embizioni: nulla è mai abbastanza. Si dice che il bambino e l'uomo non possano vivere nella stessa persona, che si respingano tra di loro, ma che non possano fare a meno l'uno dell'altro.
Crescere, crescere, crescere... che fatica! Ho solamente 16 anni ma in me esistono già due persone: la Giulia grande che deve maturare, iniziare a preoccuparsi per il suo futuro, studiare e lasciar perdere le distrazioni; la Giulia piccola che non è abbastanza per poter scegliere, per decidere cosa le piace o non le piace fare.Certo, perchè tutto è relativo. Perchè ogni cosa deve essere guardata da tutti i punti di vista, bisogna tener sempre conto dell'altra faccia della medaglia. Questo ciò che affermano i miei quando vogliono che io faccia qualcosa che non mi va di fare. Sono loro a scegliere cosa sia meglio per me. Un esempio? Studiare vs Scrivere. Quando passi un'intera giornata sui libri a studiare quelle tanto odiate materie, arrivi a fine serata, ti munisci di un foglio e di una penna e inizi a scaricare tutto il tuo stress. Credo che non ci sia niente di male in questo ma... tutto è relativo. come infatti affermano i miei, quel tempo che io spreco a scrivere, potrei benissimo investirlo nello studio matto e disperato, potrei continuare fino allo stremo, fino a quando non inizio effettivamente a dare i numeri, a dare segno di totale psicosi. Solamente quando, ponendomi la domanda come ti chiami, io risponda Roberto D'Altavilla, strizzando gli occhi, rossi e gonfi, come una vera e propria persona uscita fuori di senno. Ma per fortuna i miei genitori, che hanno una tale immaginazione da pensarmi in una situazione triste come quella che vi ho appena descritto, li ascolto quasi mai. Così passo il mio tempo a buttare giù quattro righe, una sensazione che mi fa sentire benissimo, altro che fuori di testa! Già, scrivere riesce ad emozionarmi, a rilassarmi; contemporaneamente riesco a svuotare e riempire: svuotare la mia anima colma di emozioni e riempire il bianco del foglio, che non chiede altro che essere raccontato.
Ora, tralasciando l'argomento genitori, vi parlarei un pò dei miei amici; ne ho di tutti i tipi: da quelli fissati per lo studio che ti rimpiazzerebbero con piacere con una professoressa di fisica a tempo pieno, a quelli totalmente privi di ogni conoscenza in ambito culturale, ancora, quelli intelligenti ed astuti che riescono a prendere tutti otto e nove senza mai aver visto l'ombra di un libro, e quelli che pur studiando ed andando a ripetizione non vedono mai l'ombra di un sei, quelli estroversi ed esplosivi e quelli introversi e tanto sensibili. Un arcobaleno di amici. Amici di tutti i colori, quelli più chiari e quelli più vivaci; il bello è che ho bisogno di tutti, tutti sono indispensabili e complementari.
Per adesso ciò che posso impegnarmi a raccontarvi è il mio breve viaggio, iniziato 16 anni fa, detto così sembrerebbe che di breve non ha proprio niente, ma posso assicurarvi che comparato al viaggio di altri, all'esperienza di altra gente, il mio è solo un breve respiro. D'altra parte questo è soltanto l'inizio di una storia che condivideremo insieme, che tratta a sua volta dell'inizio di un viaggio ancora lungo e tortuoso... non preoccupatevi, è soltanto l'inizio...
martedì 16 ottobre 2012
Come sopravvivere alle prime interrogazioni
Studenti di ogni ordine e grado, ormai la scuola è ricominciata da un pò e probabilmente già avete accumulato, come noi, argomenti sufficienti a dare il via alle prime interrogazioni. Sì, è il tempo in cui sono i professori a sorridere e a fare l'espressione che sembra voler dirci " eccoci alla resa dei conti ", mentre noi ragazzi tremiamo, sudiamo freddo e preghiamo, invocando tutti i santi che ci vengono in mente. Bisogna dire che a scuola ci andremmo anche volentieri, se non ci fossero le interrogazioni... E poi, saremmo anche ben contenti di studiare se non avessimo altri prof che, naturalmente, hanno deciso di iniziare le verifiche lo stesso giorno. Così, stanchi e annoiati già in partenza, non possiamo fare altro che calare la testa sui libri e sperare in un aiuto divino... Come fare in questi casi? Il solito consiglio dei professori: studiare volta per volta. Facile a dirsi, tutt'altro a metterlo in pratica.
Va bene, uno sforzo lo facciamo e arriviamo al giorno dell'interrogazione convinti che basterà ripetere una sola volta e avremmo finito. Magari! Ci tocca ricominciare a studiare tutto. Arriviamo stanchi alle 10 di sera, ma almeno sappiamo di aver fatto un buon lavoro. Il giorno dell'interrogazione, pronti e sorridenti, aspettiamo che il prof ci chiami, ma lui non lo fa; lo fa il suo collega, peccato che la sua materia non l'avevamo studiata. Accade sempre così, perchè si sa che la fortuna manca proprio nel momento del bisogno.
Un modo per dimostrare che abbiamo studiato è offrirsi volontario; precisiamo che questa è la pratica per eccellenza dei secchioni, disprezzata dal resto del mondo, ma in fondo non è una cattiva mossa. In questa maniera potremo studiare bene una materia e dimostrare al prof che ci siamo impegnati e magari un pò di organizzazione tra i compagni di classe aiuterebbe ancor di più.
Per quegli studenti che preferiscono passare il pomeriggio a pensare ad un modo per evitare l'interrogazione, suggeriamo che forse quel tempo sarebbe stato impiegato meglio se passato a studiare. A volte fare i furbi non serve a niente...
Insomma, basta un pò di buona volontà, tanta voglia di impegnarsi e un pò di coraggio, un pizzico di fortuna e forse riusciremo a sopravvivere a queste prime interrogazioni! Buona fortuna!

Un modo per dimostrare che abbiamo studiato è offrirsi volontario; precisiamo che questa è la pratica per eccellenza dei secchioni, disprezzata dal resto del mondo, ma in fondo non è una cattiva mossa. In questa maniera potremo studiare bene una materia e dimostrare al prof che ci siamo impegnati e magari un pò di organizzazione tra i compagni di classe aiuterebbe ancor di più.
Per quegli studenti che preferiscono passare il pomeriggio a pensare ad un modo per evitare l'interrogazione, suggeriamo che forse quel tempo sarebbe stato impiegato meglio se passato a studiare. A volte fare i furbi non serve a niente...
Insomma, basta un pò di buona volontà, tanta voglia di impegnarsi e un pò di coraggio, un pizzico di fortuna e forse riusciremo a sopravvivere a queste prime interrogazioni! Buona fortuna!
giovedì 11 ottobre 2012
Musica... :)
Questa melodia suonata al pianoforte è uno dei capolavori del pianista Yiruma, dal titolo Kiss the rain. Una testimonianza del potere della bellezza della musica...
sabato 6 ottobre 2012
I Leanson: nelle profondità del mare!
Si vedeva il mare dalla
stanza di Nathalie e Josy. Un’immensa distesa cristallina, senza confini, dove
gabbiani dalle ali bianche volteggiavano nel cielo sereno, lanciandosi in
picchiata quando le loro piccole ignare prede salivano in superficie. Matt
poteva sentirli garrire anche da lì, mentre esultavano e si godevano la libertà,
lieti dell’estate e della sua quiete.
Quiete che lui, invece,
non riusciva a provare. Un’immagine continuava ad affiorare nella sua mente, il
viso di Lili e i suoi occhi chiusi. Ora capiva il perché di ogni suo
atteggiamento e capiva quanto era stato superficiale e incosciente. Giudicarla
era stato il suo peggior errore: non la conosceva, non sapeva nulla di lei. Ed
ora che sapeva, avrebbe tanto voluto non aver chiesto nulla a Martin.
Era cieca. Per quanto si
sforzasse, non riusciva a immaginare neanche lontanamente come potesse sentirsi
e come lui, invece, avrebbe potuto liberarsi da quell’onnipresente senso di
colpa. Forse perché ne aveva sentito parlare solo nei film, forse perché non aveva
mai incontrato nessuno come lei, o forse perché far finta di non aver pensato
male di lei ingiustamente era più comodo, qualunque strada mentale imboccasse
lo faceva stare male. Doveva scusarsi? E di che cosa? In fondo avrebbe potuto
anche spiegargli la situazione con gentilezza. In effetti, lui avrebbe anche
potuto capirlo da solo. No, non era stata colpa sua. Non era stata neanche
colpa di Lili, però. Cosa poteva fare? Anzi, doveva fare qualcosa?
Domande, domande e ancora
domande, senza mai risposte certe. Appena ne dava una, altri dubbi chiedevano
di essere chiariti e in poco tempo demolivano quel bagliore di certezza mentale
che era apparso poco prima.
« Matt. »
La voce di suo padre era
indecisa; eppure era un’ancora di salvezza così perfetta in quel mare di dubbi.
« Come ci si comporta di
fronte a qualcosa che ti spaventa? »
Marshall si sedette
vicino a lui e si soffermò a guardare fuori dalla finestra, prima di
sorridergli con tranquillità.
« Perché ti spaventa
questo qualcosa, innanzitutto? »
« Mi spaventa e basta. » affermò istintivamente, senza pensarci.
Che bisogno c’era di
trovare una motivazione? Per un attimo si pentì di aver iniziato quella
conversazione. Parlare delle proprie sensazioni a qualcuno era difficile,
spiegare il motivo per cui si provavano lo era ancora di più: suo padre non
condivideva il suo punto di vista, non sapeva che cosa lo tormentasse così
tanto e perciò non poteva capire. Peccato che fosse giunto a questa conclusione
troppo tardi.
« A volte la paura è
qualcosa di irrazionale. Se solo cercassimo di comprendere il perché, forse non
avremmo lo stesso atteggiamento nei suoi confronti. »
Marshall era fatto così:
grandi riflessioni per qualcosa di importante. Però Matt non aveva bisogno di
parole. Anzi, non sapeva neanche lui di cosa aveva bisogno.
Ringraziò comunque suo
padre, ma sperò che lo lasciasse solo al più presto.
« Ti è successo qualcosa?
» domandò preoccupato, cercando di
incontrare lo sguardo di suo figlio.
« Niente. » mentì lui, sporgendosi dalla finestra il modo da
evitarlo.
« Non vuoi parlarmene? »
Scosse la testa
impercettibilmente, ma Marshall capì lo stesso. Gli diede una pacca sulla
spalla e uscì dalla stanza.
« Fai un giro in
spiaggia, ti farà bene. » gridò,
quando ormai stava già scendendo le scale.
Forse non era una cattiva
idea, pensò Matt. Ormai conosceva a memoria la strada per la piccola spiaggia e
aveva proprio voglia di fare il bagno in quelle acque magnifiche. L’avrebbero
aiutato a non pensare, e lui ne aveva un disperato bisogno. Scese anche lui al
piano di sotto e prese il costume dalla borsa. Josy e Nathalie stavano giocando
con Dan, mentre sua madre sistemava le ultime cose nella dispensa. Nessuno si
accorse di lui quando sgattaiolò fuori e sperò che nessuno lo seguisse.
Raggiungere la spiaggia fu facilissimo: la sabbia era bianchissima, l’acqua
così pulita da sembrare un leggero manto trasparente che ricopriva il fondo. Si
tolse la maglietta e cominciò ad avvicinarsi a quell’immensità cristallina.
Rabbrividì, quando raggiunse la riva. L’acqua era freschissima e così
invitante; procedette lentamente, per godersi a pieno quella meravigliosa
sensazione, e non si fermò fino a quando non sentì più la sabbia sotto si sé.
Nuotare lo faceva sentire così libero, quasi come una creatura stessa dell’oceano,
e non gli dispiaceva affatto lasciarsi guidare dall’istinto e dalle sue
emozioni. Avere un cervello capace di pensare a volte era un fardello così
pesante da portare e dimenticarsi per un po’ di quella responsabilità non era
per niente male.
Si abbandonò
completamente al dolcissimo movimento delle onde e non resistette alla
tentazione di immergersi completamente. Sott’acqua, il mondo era completamente
diverso: ogni suono, ogni rumore, ogni più impercettibile movimento era
trasformato in una lenta melodia, in qualcosa che giungeva a lui così attutito,
così tenue; risalì solo quando sentì di non riuscire a trattenersi oltre.
Respirò a fondo, mentre
tornava a riva. Era stato fantastico, ma era così stanco che si lasciò cadere
sulla spiaggia, non appena raggiunse la terraferma.
Solo quando si fu
calmato, si accorse di non essere solo. Era lì accanto a lui, da chissà quanto
tempo, e non l’aveva notata. Guardava l’orizzonte, ma immaginò che per lei fosse
solo oscurità.
Un’orrenda sensazione lo
invase e per un attimo desiderò fuggire lontano, scappare da lei che lo
spaventava così tanto, rifugiarsi di nuovo nel nulla delle acque e non dover
mai più trovarsi accanto a lei. Quasi sperò che non si fosse accorta di lui, ma
fu con naturalezza che lei si voltò nella sua direzione.
« Alla fine l’hai
trovata, la strada. »
Sentire quella voce lo
lasciò senza parole. Perché gli faceva quell’effetto?
« Sì… » mormorò, incapace di guardarla.
« Te l’hanno detto. »
Non era una domanda. Matt
si chiese come avesse fatto a capirlo, ma forse non gli interessava neanche.
Forse ciò che gli interessava davvero era trovare il modo per scusarsi con lei.
« Non mi hai parlato così
l’ultima volta. » esclamò Lili,
sedendosi accanto a lui.
Confuso e meravigliato,
Matt si allontanò istintivamente, senza capire il perché del suo stesso
irrazionale gesto.
« Non devi avere paura di
me. » disse lei con tranquillità,
porgendogli la maglietta che aveva tolto prima di entrare in acqua.
« Sei davvero…? Cioè … » balbettò Matt, nel tentativo di dirle qualcosa.
Lili ridacchiò e annuì,
mentre lui la fissava sconvolto.
« Ma come fai a … ? Sei
arrivata fino a qui. »
« Gli occhi non sono
l’unico modo per vedere, sai? »
affermò con tranquillità, sorridendogli. «
Scusami se sono stata un po’ scontrosa con te. »
« Dispiace anche a me,
per come ti ho trattata. » riuscì
finalmente a dire il ragazzo, stringendole la mano.
Quel contatto fece
battere forte il suo cuore: non sapeva perché, ma sentiva di aver fatto
qualcosa di speciale. Era come se la parte razionale e quella irrazionale di
lui si fosse conciliate in quel gesto, come se avesse finalmente accettato la
sua paura e avesse imparato da lei. Forse suo padre aveva ragione. Ora capiva
da dove era nato tutto quel timore: dalla non conoscenza. Conoscere Lili era
ciò che doveva fare, per superare quel suo blocco.
« Vieni spesso qui? »
« Sì. Mi piace il mare. »
Affondò le mani nella
sabbia e ne prese un pugno, poi lasciò che il vento la spingesse lontano. Matt
la guardava estasiato, incapace di capire perché l’attirasse così tanto, e Lili
sembrava essersi accorta della sua incertezza.
« Posso stare qui con te?
»
La richiesta di Lili
arrivò così inaspettata per Matt. Sapeva che avrebbe dovuto lasciar stare, che
avrebbe potuto alzarsi e andarsene, dirle che non aveva nessuna intenzione di
stare con lei, ma non poté fare a meno di dirle di sì.
Doveva conoscerla. Anzi, lo
desiderava davvero, al contrario di quanto continuava a ripetersi. Desiderava
conoscere il suo modo di vivere, le sue passioni, le cose che le piacevano. Un
desiderio inspiegabile, ma che aveva tutta l’intenzione di assecondare.
martedì 2 ottobre 2012
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