Ho sempre sognato in grande nella mia adolescenza. Una fabbrica di sogni, questo era la mia scuola per me. Ci chiamavano l'isola felice; eravamo un piccolissimo puntino colorato nella grande realtà dei licei che ci circondava. Beh, eravamo pur sempre un Liceo. Adesso non conta molto il genus d'appartenenza della mia scuola, al tempo della mia entrata però era un'importante differenza. Ci si bollava ingenuamente in base al tipo di scuola frequentato, i soliti stereotipi alimentati da una cultura popolare più attenta nel pregiarsi che nel sottolineare le importanti differenze. Approdata nel mondo universitario, mi accingo con piccoli passetti ad entrare in un mondo più grande, quello degli adulti. Inutile dirsi che le regole cambiano e adesso appartengo al genere universitario che comporrà la più grande fetta del Paese dei disoccupati. Avrei dovuto saperlo che le proprie scelte hanno un prezzo, un caro prezzo. Cammino fiera per le strade, sono pure una studentessa di legge, quale altra università ti offre la possibilità di studiare i comportamenti e le regolamentazioni del giusto? Nero su bianco so dirti dove sbagli, penna su carta è una legge scritta dalla quale non si scappa. Ma la professione del giurista, chi è nel campo la conosce bene, è fatta di bugie e credenze, ciò che importa è che tu ci creda e che adduca le giuste ragioni in tuo favore. Il giurista si inserisce negli spazi vuoti delle leggi scritte e ci costruisce su interi palazzi. Il mio compito non è tracciare i limiti, il mio compito è andarci oltre. E chi più di un giurista sa che tutto ciò che ho inteso dire prima, era falso. Perchè non esiste giustizia, non esiste valore che tenga di fronte ad una realtà mutevole e contingente. E non me ne voglia Antigone che ha creduto in una legge superiore a quella dell'uomo. Ora più che mai siamo nella fase storica in cui è impossibile credere in una qualsiasi tipo di cristallizzazione; niente più regge, dalle relazioni umane, alle mansioni lavorative per cui se oggi sei un operaio metallurgico, domani potrai sempre aspirare ad essere un cuoco. E non importa che tu lo accetti il cambiamento, sono queste le regole del gioco e tanti auguri se non ti piacciono. E così Checco Zalone ci costruisce un film dietro il posto fisso:la più grande aspirazione per l'uomo contemporaneo che davvero non sa più a cosa appigliarsi. Il mercato detta legge ed è l'unica certezza sulla quale possiamo basare le nostre scelte consapevoli. In un batter d'occhio le aule di ingegneria si riempiono, le facoltà scientifiche traboccano di studenti, certi che la loro domanda di lavoro sarà sempre accompagnata da una generosa offerta. In Italia ci sono più aspiranti medici che malati, più economisti che soldi da contare, ma quelle io le chiamo "industriesempreverdi", insieme alle pompe funebri.
Nel frattempo, mentre io passo il mio tempo libero lamentandomi, la cultura appassisce. Il classicismo dichiarato deceduto ormai da tempo e non è prevista, nel breve e nel lungo periodo, alcuna resurrezione. Impermeabili all'arte, spogli di romanticismo, tiriamo a campare, sostenuti da un pragmatismo e dalla convinzione di non sbagliare. Da quant'è che non piangiamo davanti la profondità di una poesia? Da quanto tempo ormai non ci stupiamo più davanti la bellezza, e perchè abbiamo smesso di cercarla? vogliono farci credere che non ne abbiamo bisogno, che si tratta di merletti d'ornamento di poca utilità. Ma noi viviamo di bellezza perchè siamo fatti di bellezza. Ed io resterò sempre una sognatrice o una studentessa di legge che ha imparato a mentire.
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