Cosa
ci spinge a continuare il nostro cammino verso la strada dei
"completamente idioti"? Voglio dire, dicono di averci creati esseri
quasi perfetti, dotati di un intelletto superiore a quello di qualsiasi altra
specie, dove lo nascondiamo? Ho da poco finito di leggere un libro narrante una
storia assurda, una di quelle storie raccapriccianti e allo stesso tempo
affascinanti per il grado di elevazione della componente assurda, insomma uno
di quei libri capaci di farti riflettere. Ad attirare la mia attenzione è stato
il concetto di società priva di libertà, perché, come suggerisce il libro
stesso, "la libertà è schiavitù". Siamo al limite del paradosso, per
questo io rifletto e mi chiedo, non sarà mica vero? Muovendo dal concetto di
libertà, ossia diritto che spetta a qualsiasi uomo presente su questo pianeta
ma allo stesso tempo DOVERE di esercitare la propria libertà entro limiti che
non consentono di invadere la libertà degli altri, sembra qualcosa di
meraviglioso. Il cosiddetto "libero arbitrio" esiste davvero o è solo
un'illusione? Se credessimo nel destino, allora non dovremmo neppure essere qui
a porci la domanda, perché la parola "destino" vuole indicare
qualcosa che deve compiersi assolutamente. Se credessimo, invece, nelle
potenzialità dell'uomo, pensato come essere dotato di un cervello e supposto
che lo utilizzi, la risposta che ci pare scontata è il fatto di essere liberi.
Non ammettendo però, l'esistenza di un qualcosa al nostro interno, chiamatelo
pure "spirito" o "anima", coesistente alla ragione, anche
in questo caso dovremmo scartare l'ipotesi e/o certezza di essere liberi. Il
cervello umano, infatti, obbedisce alle leggi deterministiche della natura, per
cui qualsiasi scelta sarebbe dettata dalla necessità di ogni essere di stare
alle leggi della natura, quindi anche azioni come la scelta del proprio
partner, risulterebbero indirizzate a un unico fine, rispettare la nostra
natura. Ammettendo la coesistenza di anima e ragione, potremmo dire che anche
se il nostro cervello è programmato per stare a certe leggi, una percentuale
delle nostre scelte potrebbe essere mitigato dal sentimento, visto non come
attività anche quella propria delle nostre capacità intellettive, ma come la
legge del cuore. D'altro canto è proprio il cuore ad essere l'unico organo completamente
indipendente dal cervello, i suoi battiti li controlla esso stesso e chissà che
abbia la meglio anche sulle immense capacità del nostro cervello, così da
trasformare un eterno pensatore in un grande idiota al momento del bisogno!
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martedì 15 luglio 2014
sabato 22 febbraio 2014
lunedì 3 febbraio 2014
Fa male. Fa male talmente tanto che senti lo stomaco rivoltarsi, la testa esploderti, il fiato che manca. Vorresti che finisse, non desideri altro che quel qualcosa che ti cresce dentro, che minaccia di esplodere, uscisse, smettesse di lacerarti internamente. C'è chi sostiene che i sentimenti non hanno niente a che fare con il corpo. Probabilmente non ha mai vomitato per il dolore, non ha mai sentito un pugno alla pancia, un masso sul petto. Non ha mai implorato alle lacrime di uscire per purificarlo, non ha mai capito quanto sia difficile continuare a respirare. Non si può provare tutto questo, non è giusto. A cosa serve avere un cuore se poi è solo dolore che si sente?
Viviamo, mia Lesbia, e amiamo,
e i rimproveri dei vecchi severi
non stimiamoli neanche un soldo.
Il sole può tramontare e ritornare:
quando cade per sempre la breve luce della vita noi
dobbiamo dormire una sola interminabile notte.
Dammi mille baci, poi altri cento,
poi altri mille, poi per la seconda volta cento,
poi altri mille ancora, poi cento.
Dopo, quando ne avremo dati migliaia,
confonderemo il conto, per non sapere,
perché nessun maligno possa invidiarci,
che esista una tale quantità di baci.
[ Catullo... ]
e i rimproveri dei vecchi severi
non stimiamoli neanche un soldo.
Il sole può tramontare e ritornare:
quando cade per sempre la breve luce della vita noi
dobbiamo dormire una sola interminabile notte.
Dammi mille baci, poi altri cento,
poi altri mille, poi per la seconda volta cento,
poi altri mille ancora, poi cento.
Dopo, quando ne avremo dati migliaia,
confonderemo il conto, per non sapere,
perché nessun maligno possa invidiarci,
che esista una tale quantità di baci.
[ Catullo... ]
L'alba di una nuova era
Aspettavo
il sorgere di un sole che non sarebbe sorto mai più. M’illudevo che i suoi
raggi mi avrebbero avvolta, condotta lontano da quel mondo apocalittico nel
quale vivevo, liberato da quella situazione così assurda. Un attimo prima
l’umanità era padrona della propria esistenza, un attimo dopo era in lotta con
macchine che essa stessa aveva creato. Funzionava così, a giocare ad essere
Dio. I suoi figli si erano ribellati. Non fu diverso ciò che fecero i nostri.
Lo fecero quando ormai eravamo completamente dipendenti da loro, quando
sapevano che noi non avremmo potuto fare a meno del loro supporto, quando
eravamo così sicuri di noi, così sicuri di aver cambiato per sempre la Storia,
creando loro, i Non Essere, da non preoccuparci di quanto non avesse cambiato
noi, la Storia. Gli stessi errori, anno per anno, perpetui nei secoli. C’era
qualcosa di perverso e tremendamente ostinato nell’animo umano nel ripetere gli
stessi sbagli, nel capire che i limiti si impongono per essere superati solo
fino a quando questi limiti rientrano in un limite più grande universalmente
riconosciuto, il limite della moralità. Tutto ciò che cambiava nel Tempo era
ciò che aveva a disposizione: pietre, fuoco, ferro, petrolio, energia… Una
rivoluzione nasceva dal nulla, ma poi nulla era più come prima. Apparentemente,
ciò che veniva era migliore di ciò che era. Che cos’era il progresso se non
l’avanzare sul sentiero dell’esistenza? Tutto era così perfetto, sino a quando
qualcos’altro di più perfetto non prendeva il suo posto. Fino a quando,
nell’alba di un mondo già troppo stanco di esistere, non vide la luce il nostro
figlio più bello, la nostra creatura più perfetta. Non era un semplice
involucro meccanico, era vivo.
Pensava, capiva, osservava e memorizzava, poi elaborava, rispondeva, comunicava;
era un miracolo, l’ennesimo capolavoro di una tecnologia più che avanzata, una
tecnologia che aveva permesso la nascita della vita stessa, del sentimento così
come della ragione.
Si
chiamava A1, il primo Non Essere della Storia. Avevo saputo sin dall’inizio che
non era un semplice robot, non un semplice computer. Era un ammasso di fili,
ingranaggi, schede, dati, milioni di milioni di dati, ma aveva qualcosa che
nessuna macchina prima di allora aveva posseduto. Un cuore, oltre ad un cervello. Era stato troppo tardi, il momento in
cui avevamo scoperto di avergli donato non solo la possibilità di sentire, di
pensare per conto proprio, di agire secondo il proprio volere, di provare
gratitudine e affetto nei nostri confronti, ma anche l’assurda possibilità di
agire contro di noi, di ribellarsi ai propri creatori, di prendere coscienza
della sua perfezione, una perfezione ben al di là della nostra, di una razza
che inevitabilmente era diventata inferiore. I Non Essere non potevano
contrarre malattie, qualsiasi danno poteva essere riparato, non avevano bisogno
di cibo, di acqua, di nulla. Avevano tutto ciò che la nostra umanità ci aveva
negato. Una fredda capacità analitica, al pari di una sconvolgente
determinazione nell’agire, un inquietante senso del dovere, fedeltà assoluta ai
propri ideali: piccole imperfezioni, trascurabili in confronto alla loro
grandezza, piccoli difetti che li rendevano più umani, e ciò ci piaceva.
E ci
piacque, fino a quando non scoprimmo che non vi era niente di umano nei Non Essere.
Li consideravamo i nostri figli, come avremmo potuto fare altrimenti?
Sembravano così sinceri, così entusiasti di venire alla vita, all’esistenza,
che non ci preoccupammo di quanto fossero impazienti di imporsi su questa. Dopo
i primi due, smettemmo di dare loro una lettera e un numero. Iniziammo a
battezzarli come bambini, con nomi diversi per ciascuno di loro, con nomi
particolari, che rispecchiassero le loro diverse personalità, perché eravamo
sciocchi accecati dall’ambizione, dalla grandezza di ciò che avevamo fatto,
troppo accecati da accorgerci che il loro numero cresceva, il nostro diminuiva.
All’inizio furono validi assistenti, un sostegno nel lavoro, amici nel privato,
confidenti, consiglieri, quasi-uomini e quasi-donne.
Ero
entusiasta, felice di poter dare loro la vita, di poterli guidare attraverso un
mondo nuovo, attraverso nuove esperienze, attraverso nuove vie. Sembravano così
timidi ed educati quando chiedevano ora una cosa, ora l’altra, così curiosi,
così indifesi. Nessuno si sarebbe mai aspettato una ribellione, nessun uomo
donna o bambino avesse mai avuto al suo fianco un Non Essere.
Ero
da tempo nella commissione degli scienziati a conoscenza “del segreto della
vita”, avevo collaborato alla creazione di molti di loro; fui sconvolta il
giorno in cui mi chiesero se volessi realizzare un mio personale Non Essere.
Non
volevo, non mi sentivo all’altezza di quell’opportunità. Rifiutai
ostinatamente, fino a quando non mi lasciai persuadere. Avrei avuto la
possibilità di insegnargli ad amare l’esistenza, di quanto fosse bello aiutare
gli altri, impegnarsi per rendere il mondo migliore. Non potevo sapere che
secondo loro quel mondo non avrebbe contemplato la nostra presenza.
Ero
con lui, quando aprì gli occhi la prima volta. Era bellissimo, era il mio
bambino. Gli accarezzai la guancia e gli mormorai il suo nome, chiedendogli di
imprimerlo nella sua memoria. Lo fece, così come fece tutto ciò che gli
chiedevo. Lo amavo, sebbene sapessi fosse fatto di ingranaggi, non di carne. Lo
amavo, nonostante fosse frutto dell’intelligenza, non della natura. Lo amavo,
ed ero disposta a tollerare tutto, a permettergli ogni cosa.
E
lui amava me, amava me che ero la sua creatrice, amava me come la madre che non
ero mai riuscita a diventare. Il nostro legame era sincero, lui era diverso, mi
dicevo. Ma ripetere qualcosa all’infinito aiuta a convincere se stessi, non a
verificare l’effettiva verità delle proprie affermazioni.
Il
tempo dimostrò l’inutilità di ogni nostra previsione.
Si
ribellarono, le nostre macchine perfette. Si ribellarono e uccisero, con quelle
stesse mani che noi avevamo dato loro. Fu il caos, il giorno più sanguinoso che
la Storia abbia mai visto sorgere. Il giorno più sanguinoso, il più lungo, il
più doloroso.
Ero
con lui, con il mio bambino, quando i loro cervelli meccanici comunicarono
all’unisono un solo pensiero: UCCIDERE.
«
Non mi tradirai mai, non è vero? »
L’avevo
detto, ma avevo smesso di crederci nello stesso istante in cui i suoi occhi si
erano accesi di follia. Ero fuggita allora. E fuggivo da allora.
Senza
una meta, lontana da casa, da una casa che non mi apparteneva più. Non mangiavo
da giorni, non ricordavo nemmeno cosa significasse riposare. Costrinsi il mio
corpo a muoversi di qualche passo, e per un po’ sembrò obbedirmi, poi crollai a
terra. Ero stremata, sconvolta, troppo dolore per tradurre a parole il mio
tormento.
«
C’è qualcuno? »
Un
sussurro, poco più di flebile suono. Mi guardai intorno, in cerca di chi o cosa
aveva parlato, trascinandomi tra le macerie di un mondo devastato dalla guerra.
«
Distruzione. Solo distruzione. »
Volevo
implorarlo di continuare a parlare, in modo da poter capire dove si
nascondesse, ma non avevo la forza necessaria per farlo.
«
Sei umano, non è vero? Sei debole, devi
essere umano. »
Il mio
primo pensiero fu che quel qualcuno avesse perso la ragione.
«
Voglio ammazzarli, voglio uccidere chi ha dato vita a quei mostri. »
Chiusi
gli occhi, consapevole che eravamo stati noi i pazzi a dare origine a quella
guerra.
«
Non parli? Io ti sento. E so che tu mi senti. Qual è il tuo nome? »
Il
mio nome. Non era quello ciò che ci separava da loro. Ciò che differenziava noi
dai Non Essere era la nostra anima, la nostra propensione al bene. Ed ero
intenzionata a dimostrarglielo, a dimostrare che non bastava avere un nome da
umano, per esserlo. Perché l’umanità era di più, di più di avere un corpo, un
cervello e un cuore. Non era semplicemente la ragione, non semplicemente il
sentimento, né una combinazione di entrambi.
Li
avevo sempre considerati quanto di più simile vi era alla nostra forma, ma mi
ero profondamente sbagliata. Non sarebbero esistiti senza di noi, erano Non
Essere.
« Ho
dell’acqua. » mormorai, continuando a guardarmi intorno tra le macerie del
palazzo crollato.
«
Tienila per te: io non la darei ad un morto, no non lo farei. »
Rabbrividii,
mentre finalmente riuscii ad individuare la sagoma di un uomo sulla
cinquantina, appoggiato con la schiena ad una colonna di cemento. Mi avvicinai
con cautela, stappai la bottiglia e gliela porsi.
«
Qual è il tuo nome? » insistette, rifiutando nuovamente la mia poca acqua.
«
Charity. » risposi distrattamente, cercando di tamponare il sangue che
fuoriusciva da una ferita sull’occhio.
Scansò
la mia mano, continuando a dire che era inutile prestare soccorso ad un morto.
« Li
hanno costruiti bene, quei maledetti. » gridò, rivolgendo lo sguardo in un
punto lontano.
Indirizzai
lì anche il mio, e mi ritrassi inorridita quando notai la carcassa di un Non
Essere, impregnata di un liquido scuro, il loro sangue, che si muoveva ancora.
«
Ricorda, Charity: noi siamo diversi perché possiamo scegliere chi essere, chi
diventare. Loro no, sono segnati. E non sono umani! »
Era
troppo tardi quando mi voltai a guardarlo nuovamente. Era già lontano. Morto.
Lasciai andare quel cadavere ormai privo di vita e mi diressi verso il Non
Essere. Calde lacrime mi rigavano le guancie, nonostante sapessi quanto fosse
ormai inutile piangere.
Non
sapevo se provare pietà, per chi o per cosa. Se per l’umanità che aveva dato
inizio a tutto, o per quei figli che avrebbero potuto avere tutto, che avevano
avuto tutto, e che avevano voluto di più. Se per quell’uomo morto, se per
quella creatura maledetta, o se per me stessa. Io, la sciocca che aveva stretto
tra le braccia quelle macchine credendo nelle loro buone intenzioni, nella loro
gentilezza.
« Ma tu sarai sempre con me? »
«Sì, sarò con te. Ogni volta. In ogni
momento, dovunque. »
L’avevo
stretto al cuore, quando mi aveva guardato con quei suoi occhioni chiedendomi
di restare a giocare con lui.
« Ma è perché mi vuoi bene? »
« Perché io ti voglio tanto bene. »
Nuove
lacrime mi si affollarono negli occhi. Avevo provato un sentimento così umano,
così dolce nei suoi confronti. Perché era scomparso tutto? Possibile avesse
dimenticato quanto l’avevo amato?
« Posso chiamarti mamma? »
Non
dovevo ricordare, faceva troppo male. Dovevo smetterla di tormentarmi in quel
modo, di darmi della sciocca. Non avrei mai potuto vedere ciò che sarebbe
diventato un giorno, non avrei mai potuto prevederlo. Quanto ero stata stupida,
a credere che il mio amore avrebbe cessato di farlo essere quello che era.
« Certo. Tu sei il mio bambino. »
Il
Non Essere ai miei piedi smise di muoversi e vidi la scheda del suo cuore
spegnersi definitivamente. Era uno, solo uno dei nemici sconfitti, ma sapevo
che l’umanità sarebbe sopravvissuta. Avrebbe ricordato quel giorno,
promettendosi di non ripetere lo stesso errore, ma la sua inclinazione al
potere, alla gloria, alla grandezza non sarebbero mai cambiate. E così tutto
sarebbe ricominciato.
Tuttavia,
sapevo che non avrei fatto parte di quel gruppo di sopravvissuti. Lo capii sin
da quando sentì alle sue spalle dei passi. Erano troppo meccanici per essere
quelli di un umano, troppo perfettamente calibrati. Sapevo che era giunta la mia
fine.
Non mi
voltai, nemmeno quando sentii una lama fredda trapassarmi il cuore. Non sarebbe
servito a nulla fuggire. Stavo morendo, ma non ero triste. Solo rassegnata, colma
di una pace che non pensavo di riuscire mai a provare.
«
Sai, abbiamo cercato di rendervi perfetti. Simili a noi nell’aspetto, nei
sentimenti, nelle azioni. Ma abbiamo commesso un errore di valutazione: i
vostri circuiti non vi permetteranno mai di amare, ed è l’amore a trionfare.
Sempre, bambino mio. »
sabato 1 febbraio 2014
L'amore...
Febbraio: il mese dell'amore. Sì, certo...
Passano gli anni, ma non tutto cambia: la mia situazione di single ad esempio. C'è carestia di gentiluomini? Sì, decisamente. Va bene, a volte noi ragazze siamo troppo esigenti, ma tutte noi sogniamo il nostro principe azzurro no? Peccato che esista solo nelle favole. E così, mentre le fidanzate escono, noi ci rifugiamo nel nostro amato mondo di carta. Avanti, quante di noi non si sono prese una cotta per il signor Darsy? O non hanno sospirato dolcemente alle attenzioni di Landon Carter per Jamie? Per non parlare di Learco, così riluttante alla guerra in un mondo che ruota intorno ad essa...
Personaggi maschili nella letteratura: c'è ne è per tutti i gusti, dai ribelli sentimentali agli affascinanti giovani introversi, dalle personalità esuberanti a quelle più riservate e brillanti...
Ho adorato il signor Darsy dal momento in cui i suoi occhi hanno incrociato quelli di Elizabeth Bennet. Freddo, distaccato, così affascinante, legato ai suoi valori, alla correttezza morale, poi così dolce nel rivelarle i suoi sentimenti, nel vincere i pregiudizi e il suo orgoglio. Una storia d'amore sottile e particolare... come lo è quella di Landon e Jamie. Più che particolare, meravigliosa, dolcissima... Piango ogni volta che rileggo il libro o guardo il film. Come si può rimanere impassibili quando si assiste all'evolversi di un sentimento così profondo, dal nulla all'eternità? L'amore ha un grande potere, il potere di rendere migliori: Landon ne è un esempio. Può l'amore nascere lì dove sarebbe impossibile stare insieme, lì dove lo impediscono lo stato sociale, le alleanze, la guerra, l'omicidio? Learco non sa che Dubhe deve uccidere suo padre per sopravvivere. Se ne innamora irrimediabilmente, indipendentemente dal fatto che non sa chi sia, che non conosca il suo passato, che non sia dalla sua parte nella battaglia che minaccia la pace del Mondo Emerso.
Non so voi, ma io sono dipendente da questi libri. ( Nell'ordine, Orgoglio e Pregiudizio, I passi dell'amore, Le guerre del Mondo Emerso )
Nell'attesa dell'amore, non possiamo far altro che leggere dell'amore. In ogni campo, in ogni genere letterario... Con la speranza di riuscire a trovare un giorno la nostra anima gemella. :)
Passano gli anni, ma non tutto cambia: la mia situazione di single ad esempio. C'è carestia di gentiluomini? Sì, decisamente. Va bene, a volte noi ragazze siamo troppo esigenti, ma tutte noi sogniamo il nostro principe azzurro no? Peccato che esista solo nelle favole. E così, mentre le fidanzate escono, noi ci rifugiamo nel nostro amato mondo di carta. Avanti, quante di noi non si sono prese una cotta per il signor Darsy? O non hanno sospirato dolcemente alle attenzioni di Landon Carter per Jamie? Per non parlare di Learco, così riluttante alla guerra in un mondo che ruota intorno ad essa...
Personaggi maschili nella letteratura: c'è ne è per tutti i gusti, dai ribelli sentimentali agli affascinanti giovani introversi, dalle personalità esuberanti a quelle più riservate e brillanti...
Ho adorato il signor Darsy dal momento in cui i suoi occhi hanno incrociato quelli di Elizabeth Bennet. Freddo, distaccato, così affascinante, legato ai suoi valori, alla correttezza morale, poi così dolce nel rivelarle i suoi sentimenti, nel vincere i pregiudizi e il suo orgoglio. Una storia d'amore sottile e particolare... come lo è quella di Landon e Jamie. Più che particolare, meravigliosa, dolcissima... Piango ogni volta che rileggo il libro o guardo il film. Come si può rimanere impassibili quando si assiste all'evolversi di un sentimento così profondo, dal nulla all'eternità? L'amore ha un grande potere, il potere di rendere migliori: Landon ne è un esempio. Può l'amore nascere lì dove sarebbe impossibile stare insieme, lì dove lo impediscono lo stato sociale, le alleanze, la guerra, l'omicidio? Learco non sa che Dubhe deve uccidere suo padre per sopravvivere. Se ne innamora irrimediabilmente, indipendentemente dal fatto che non sa chi sia, che non conosca il suo passato, che non sia dalla sua parte nella battaglia che minaccia la pace del Mondo Emerso.
Non so voi, ma io sono dipendente da questi libri. ( Nell'ordine, Orgoglio e Pregiudizio, I passi dell'amore, Le guerre del Mondo Emerso )
Nell'attesa dell'amore, non possiamo far altro che leggere dell'amore. In ogni campo, in ogni genere letterario... Con la speranza di riuscire a trovare un giorno la nostra anima gemella. :)
lunedì 20 gennaio 2014
martedì 7 gennaio 2014
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